Una sofferta ed uggiosa salita al Monte Mozzone


Strano Dicembre, uno pensa di arrivare alle pendici dei giganti del Gran Sasso e di trovarsi innanzi a scenari invernali degni delle sorelle maggiori dolomitiche, invece ecco il massiccio mostrarsi tinteggiato di un bianco sbiadito solo a quote elevate. Come da consuetudine per Quelli di Aria Sottile, breve è la notte e siamo subito giù dai letti, chi scende dalle colline tirreniche, chi dalla piana pontina , c’è chi aspetta al parcheggio della metropoli, il compagno che ci attende nel camper e i ragazzi che ci raggiungono dal versante adriatico: ma questi di Aria Sottile sono proprio internescionall! La meta del giorno è il Mozzone, cima poco conosciuta, posta sulla sommità della centrale delle tre contrafforti che degradano come in devota adorazione dal maestoso versante Nord del Corvo. Siamo pronti a partire alle 08:25 dal parcheggio di Prato Selva, quota 1375, la temperatura a dispetto del periodo è mite, 9°C, solo ci accarezza una vivace brezza di libeccio, una costante che ci accompagnerà per l’intera durata della passeggiata, raggiungendo notevoli intensità. Il cielo è grigio e non promette niente di buono, ma siamo confidenti nelle previsioni che indicano assenza di precipitazioni. Iniziamo a salire parallelamente all’impianto di risalita della stazione e, come è nel DNA di Aria Sottile, all’interno del gruppo si respira subito aria di convivialità, e tra una battuta e l’altra, soprattutto riguardo le doti aggregative di Drago (Maurizio), raggiungiamo la cima del Colle Abetone, 1775 mt. Dal colle decidiamo di scendere dritti nel bosco, a raggiungere una vasta sterrata dove ci attende sospettoso della nostra presenza un bel cavallo color sabbia con una criniera argentea. Continuiamo a salire su tratti erbosi intervallati da momenti di immersione nel bosco, fino a raggiungere la Piana San Pietro (1800 mt), da qui si può proseguire per il Rifugio del Monte a sinistra e la Valle del Crivellaro a destra, mentre noi saliamo dritti verso la nostra meta. La nebbia, altra costante insieme al vento, ci concede a tratti la veduta sulla nostra sinistra dei regnanti di casa Gran Sasso, i due Corni, con accanto il fido scudiero Intermesoli. Aggiriamo quindi il Colle Andreole, e puntiamo dritti per la cresta sommitale, dove il fondo erboso si alterna alla pietraglia, entrambi parzialmente ricoperti di ghiaccio. Il gruppo si allunga, il vento, poco gradito compagno per l’intera salita, si fa ora di una intensità impressionante, tanto da costringerci a svariate soste, e contemporaneamente siamo circondati da una fitta nebbia, che riduce notevolmente il campo visivo. Riusciamo finalmente in un raro momento di visibilità ad intravedere la vetta, raggiungibile attraverso un ripido canale un poco ghiacciato. Tento, insieme a Maurizio, un timido approccio di salita ma desisto per il notevole scivolamento. Maurizio indossa i ramponi nuovi di zecca e parte spedito per la vetta, mentre io rimango ad aspettare gli altri, non avendo i ramponi. Arrivano i ragazzi e ramponi ai piedi salgono l’ultimo tratto per la cima. Vedendo i compagni salire non esito e prendo anch’io la salita per la cima, sfruttando le loro orme. Siamo finalmente in vetta, nebbia che non si vede ad un palmo e vento micidiale ci fanno sostare il minimo sindacale, naturalmente sorge per me il problema della discesa senza ramponi, e qui viene fuori lo spirito del gruppo: in un attimo il gruppo organizza una task force, consentendomi di scendere con sicurezza quel piccolo tratto ghiacciato, per cui mi affido all’appoggio del buon Giorgio ed al sempre presente Fernando (Mr Fix) che agevola il percorso con tanto di piccozza. Peccato per Marina, non essere riuscita a raggiungere la cima per pochi metri, ma la prudenza non è mai troppa. La via del ritorno è stata affrontata di buona lena, per toglierci quanto prima di dosso la carezza tagliente di quel vento implacabile. Aggirando il Colle Andreole mi ha incuriosito la presenza di particolari ed affilate roccette conficcate nel terreno, particolari perché di colore rosso bruno. Siamo nel cuore del Gran Sasso, parliamo quindi di calcare massiccio e dolomia, mentre queste sembrano rocce arenarie, presenti sulla Laga: sembra che tale presenza sia dovuta alla origine sedimentaria del Gran Sasso, e che il susseguirsi delle glaciazioni abbia portato alla formazione di fratture e depositi di materiale (con formazione di contrafforti e vallate), da ciò forse la alternanza di rocce di differente composizione (compatta/detritica). Risultato finale: il Colle Andreole è un cono detritico! Ma cambiamo tono alla faccenda, nella discesa siamo tornati più o meno tutti con gli indumenti infangati a causa di svariati scivoloni, causa le condizioni del terreno, rendendo il ritorno piacevole, con qualche sorriso dai nostri visi infreddoliti. Si è discusso, tra le altre cose, del ruolo del Mozzone quale vetta degna di considerazione. Il Mozzone, destino miserabile per una cima che con i suoi 2290 mt farebbe altrove la sua bella figura, ma che al cospetto dei vicini giganti appare poco più di un irto scalino. Ma anche il Mozzone ha la sua ragione di essere: Non salendo sul Mozzone non si può contemplare da vicino l’impressionante e strapiombante versante Nord del Corvo; non si può ammirare l’infinito Brecciarone che si getta dalla sommità settentrionale dell’Intermesoli in un tuffo di mille metri, sino ad immergersi nei boschi di Fonte Novello; non si può immaginare di tuffarsi nelle profondo solco della Valle Crivellaro; non ci si può sentire in balia del vento bestiale che sale proprio dal Crivellaro e ti sbarra la progressione come una muraglia di antica memoria, che ti congela il movimento, in una sorta di fermo immagine, per il quale il tempo sembra arrestarsi. E’ anche per questo che continuiamo ad alzarci alle 4 di mattina, a sobbarcarci ore di auto, a fare i salti mortali per conciliare queste giornate con la routine. E’ perché amiamo anche le passeggiate “brevi” o poco “epiche”, che per noi si trasformano sempre in qualcosa di unico, da raccontare, da custodire, e che da alimento alla nostra passione per la montagna.